Bassa percezione del rischio nel primo trimestre

Si è assistito a un brusco calo dei depositi a vista con flussi significativi anche sui mercati azionari oltre che su obbligazioni

In settimana il Pil Usa annualizzato del quarto trimestre è cresciuto del +3,4%. Il dato supera le attese di consensus, pari a +3,2%. I consumi personali sono aumentati del +3,3%, sopra le attese del +3%. Questi dati confermano che l’economia Usa va a gonfie vele anche con il Fed Fund al 5,25-5,50% .

Inoltre la revisione pesante al rialzo da parte della banca centrale per il Pil 2024 da 1,4 a 2% (aggiornamento previsioni di marzo appena comunicate) alimenta le aspettative di una Fed cauta a tagliare. Su questo tema è intervenuto il governatore Fed secondo cui la banca centrale dovrebbe far slittare o ridurre il numero dei tagli dei tassi di interesse dopo i recenti dati sull’inflazione sottolineando che la banca centrale non deve avere fretta nell’intervenire sul costo del denaro.

La produzione economica e il mercato del lavoro continuano a mostrarsi forti, mentre i progressi nel ridurre l’inflazione sono rallentati. Dall’Eurozona deludono le vendite al dettaglio tedesche.
L’impatto si è visto soprattutto sul dollaro che si è rafforzato con l’eurousd sceso a 1,078. I tassi complessivamente vedono variazioni minime con quelli a lungo che scendono di qualche centesimo e quelli a breve medio fermi. Poco mosse le aspettative sull’Euribor e sul Libor che per fine anno sono attesi rispettivamente al 3% e 4,60% circa.

Guardando invece al primo trimestre 2024, le borse si avviano a chiuderlo su livelli record. L’Indice EuroStoxx 50 è sul nuovo massimo dal 2000. Il bilancio del primo trimestre è +12,50%. Tra gli indici settoriali, al primo posto nel trimestre c’è l’Automotive (+15,40%), seguito dai Tech (+12,70%) e dalle Banche (+12,60%). In fondo Materie di Base (-6%) e Utility (-5,4%). Il bilancio trimestrale dei tre indici principali americani è il seguente: Dow Jones 30 +5,8%, Nasdaq Composite +9,20%, S&P500 +10,10%.

Sempre analizzando il primo trimestre, i tassi di interesse rispetto a inizio anno sono saliti; tre mesi fa i mercati ipotizzavano un taglio dei tassi ufficiali Fed-Bce già a marzo e una serie di altri tagli (5-7 sui Fed Fund). Nel corso del trimestre il primo taglio si è spostato a giugno-luglio e si è ridotto di due il numero di tagli (da 25 cent.) previsto per fine 2024. Ciò si evince anche dal:
- tasso Future Euribor 3 mesi scadenza dicembre 2024 al 2 gennaio pari a 2,5%, ieri 3%
- tasso Future Libor usd 3 mesi scadenza dicembre 2024 al 2 gennaio pari a 3,95% ieri 4,60%.

Le variazioni minime nel trimestre sull’Euribor e sul Libor:
- Euribor 3 mesi il 2/1 al 3,90% oggi 3,89% (min. 3,88%).
- Libor usd 3 mesi 2/1 al 5,58 oggi 5,56%.

Sui tassi a lungo si è assistito a un rialzo rispetto a inizio anno tranne che sul Btp 10 anni. L’incertezza sulla direzione da prendere in questi mesi la si può notare dalla differenza tra minimi e massimi di oltre 50 centesimi:
- Bond Usa 10 anni il 2/1 al 3,93% oggi 4,20% min 3,88% max 4,33%;
- Bund 10 anni il 2/1 al 2,06% oggi 2,30% min 2,02 max 2,46%;
- Irs 10 il 2/1 2,52% oggi 2,58%;
- Btp 10 il 2/1 al 3,7% oggi 3,67%.

Il dollaro si è rafforzato in questo primo trimestre contro tutte le principali valute. Lo yen ha continuato a indebolirsi con la BoJ che solo 10 gg fa ha rivisto la sua politica ultra accomodante alzando di 10 cent. il refi. Lieve rialzo per la sterlina.
Inoltre:
- Eurousd a 1,0790, il dollaro si è rivalutato del +2% nel trimestre; era a 1,096 a inizio anno;
- Euroyen a 163,45 da 155,5 + 5% circa;
- Eurogbp a 0,855 da 0,865;
- Bitcoin a 70.700 dollari, +66% nel trimestre.

Il trimestre è stato caratterizzato dalla sorpresa di un’economia Usa più brillante del previsto e da un’inflazione più persistente. In Eurozona la crescita è leggermente più debole del previsto e l’inflazione appare in rientro. Un altro aspetto, però, che ha fortemente caratterizzato gli ultimi mesi è stato la bassa percezione del rischio presente sui mercati finanziari.

Se consideriamo la volatilità implicita storica sui principali indici azionari siamo sui minimi storici e ovviamente decisamente sotto la media; anche sul mercato obbligazionario (Bund e Bond Usa 10 anni), nonostante i significativi movimenti dell’ultimo periodo la volatilità è sotto la media.

Un altro indicatore che conferma questa poca percezione del rischio è il Corporate spread Hight yields. Durante i periodi di crisi si assiste a un aumento delle preferenze delle famiglie per la liquidità: negli ultimi mesi si è invece assistito ad un brusco calo dei depositi a vista (esclusi quindi i depositi a termine) con flussi significativi anche sui mercati azionari oltre che su obbligazioni. Pare dunque non esserci particolare preoccupazione per il futuro. In sostanza il primo trimestre – nonostante le notevoli tensioni geopolitiche – proietta il migliore dei mondi possibili e cioè un rientro dell’inflazione al 2% senza intoppi, una crescita che torna tra l’1,5% e il 2%, la tenuta dei profitti aziendali.

Sulla base di questi elementi sarebbe facile ipotizzare un calo dei mercati azionari, un effetto ricchezza negativo, un calo dei consumi e problemi con la crescita… Se così fosse sarebbero soprattutto i titoli obbligazionari a lungo a beneficiarne (calo dei tassi a mlt).
Tuttavia non bisogna sottostimare la capacità dei mercati a correggersi e i progressi compiuti dalle banche centrali nella gestione del rischio. Dunque più cautamente si potrebbe ipotizzare un repricing modesto (entro 8-10%) ma che venga successivamente assorbito qualora la crescita rimanesse brillante.
Se invece ci saranno segnali di rallentamento oltre le attese, i bond lunghi potrebbero fornire buoni risultati.

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