Il rientro dell’inflazione favorisce il calo dei tassi

Poche novità dalla riunione Bce con impatto nullo sui tassi europei

I mercati hanno dato segni di compostezza all’indomani dell’attentato a Trump. Le borse, sostenute da alcune semestrali migliori delle attese, segnano nuovi record, i tassi sono in calo e lo spread periferici-“core” scende. La mancanza di percezione del rischio è sicuramente un tema. I mercati si stanno immaginando un futuro di rientro dell’inflazione al 2% grazie a giganteschi aumenti della produttività che si avranno con l’introduzione dell’AI, con profitti elevati tali da giustificare multipli di price/earning sopra le medie storiche. Questo quadro potrebbe anche essere raggiunto ma è ben lontano: per ora l’aumento della produttività negli Usa è sostanzialmente dovuto all’immigrazione.

Tornando al breve e cioè alle indicazioni macroeconomiche della settimana, le vendite al dettaglio Usa hanno registrato in giugno crescita zero mese su mese, in peggioramento dal +0,3% di maggio (dato rivisto dall’originale +0,1%). L’indice ZEW sulle aspettative degli investitori tedeschi è sceso in luglio a 41,8 punti, da 47,5 di giugno.

Dunque il soft landing e l’onda lunga dei dati Usa sull’inflazione in frenata, che aprono la strada a un taglio a settembre da parte Fed, hanno permesso ai tassi di scendere ulteriormente: sui tassi Usa e sui Bund il calo è di altri 5 cent. circa rispetto agli altrettanti della settimana precedente (Bond Usa 10 anni al 4,17% e decennale tedesco al 2,43%). Flettono in misura maggiore i Btp (10 anni al 3,70% cioè -10 cent. in una settimana); lo spread Btp-Bund si affaccia sotto i 130 bps. I tassi Irs flettono di 7-8 cent (10 anni al 2,69%). Le attese su Euribor e Libor vengono riviste al ribasso sul 2025 – 29, mentre restano stabili sul 2024. Il punto di arrivo per l’Euribor 3 mesi è al 2,40% a giugno 2026 e quel livello si manterrà fino quasi a fine 2027.

Francoforte, come ampiamente scontato ha mantenuto fermi i tassi (depo 3,75%, refi 4,25% rif. marg. 4,50%) dopo il taglio di 25 cent. di giugno. Nel comunicato si legge: “La politica monetaria mantiene restrittive le condizioni di finanziamento. Al tempo stesso, le pressioni interne sui prezzi restano alte, l’inflazione dei servizi è elevata ed è probabile che l’inflazione complessiva rimanga al di sopra dell’obiettivo fino a gran parte del prossimo anno”.

Le pressioni provenienti dai salari più alti, inoltre, continuano a essere assorbite dai profitti, che sono calati nel primo trimestre. Le negoziazioni salariali – ha spiegato Lagarde – vedranno il loro massimo impatto nel 2025, ma per il 2026 la dinamica delle retribuzioni è «compatibile» con l’obiettivo di politica monetaria. Lo spazio per ulteriori tagli, quindi, c’è ancora. Non si può però immaginare una rapida riduzione del costo del credito ufficiale a brevissimo termine.

Le condizioni di finanziamento – ha aggiunto la Presidente – restano restrittive e l’economia sarebbe cresciuta nel secondo trimestre allo stesso ritmo del primo trimestre.

La Bce continuerà a mantenere un approccio guidato dai dati
La Bce continuerà quindi a mantenere un “approccio guidato dai dati in base al quale le decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione”. Non c’è nessun impegno, ma anche nessuna indicazione, sul percorso futuro dei tassi. “La decisione di settembre è totalmente aperta”, ha aggiunto Lagarde, ricordando che le proiezioni macro saranno evidentemente centrali.

Le preoccupazioni giungono guardando alla dinamica salariale e alla produttività: le famiglie Usa hanno recuperato il potere d’acquisto perso dal 2019 (pre COVID), quelle europee non ancora. Qualche preoccupazione sulla dinamica dell’inflazione inoltre giunge se si guardano alcuni indici che normalmente anticipano il ciclo: l’indice dei noli Baltic dry e l’indice in dollari dei prezzi delle materie prime sono da alcuni mesi in costante rialzo.

Per ora i mercati sembra preferiscano vivere guardando al breve godendosi il rallentamento in corso dell’inflazione, poi si vedrà. Se questo fosse effettivamente il sentiment del mercato, allora potrebbe esserci ancora una fase di calo dei tassi considerato che la cpi eurozona tra agosto e settembre potrebbe affacciarsi momentaneamente al 2% (quella di giugno confermata in settimana è stata del 2,5% e 0,2% congiunturale) e quella Usa al 2,5% (attualmente 3%). Poco importa, dunque, in questa fase, sapere che a fine anno si risalirà sopra il 2,5% per l’Ue e intorno al 3% per gli Usa. Tutto sommato sarà sopportabile un rialzo visto che poi nel 2025 Fed e Bce si aspettano un rientro definitivo – non temporaneo – al 2-2,2%.

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