Tassi a breve stabili, in rialzo quelli a lungo

La lettura dei dati suggerisce che negli Usa l’inflazione è più lenta nel rientrare mentre in eurozona la discesa dei prezzi è più convincente

L’inflazione statunitense è aumentata moderatamente a marzo. L’indice dei prezzi delle spese per consumi personali (Pce) è salito dello 0,3% il mese scorso. Nei 12 mesi fino a marzo, l’inflazione è aumentata del 2,7% dopo il 2,5% di febbraio (segui tassi e valute su www.aritma.eu). Le attese erano per un indice dei prezzi Pce a 0,3% sul mese e del 2,6% su base annua, mentre il Pil statunitense del primo trimestre è andato peggio di quanto ipotizzato, con una crescita ai minimi da quasi due anni, dovuta soprattutto all’impennata dell’import con la domanda interna che resta ancora robusta.

Gli indici Pmi Usa hanno deluso con il sottoindice manifatturiero che scende sotto la soglia di 50 spartiacque tra crescita e contrazione. In eurozona i dati Pmi superiori alle attese ad aprile, probabilmente già prezzati, non hanno intaccato la convinzione degli investitori secondo cui la Bce avvierà il proprio ciclo di allentamento monetario in giugno per poi procedere con ulteriori tagli – due, forse tre – nel corso dell’anno. Confermando il mese di giugno come momento plausibile per una prima riduzione, il vicepresidente della banca centrale ha invitato alla cautela quanto al prosieguo, considerati anche i segnali meno accomodanti provenienti dalla Fed.

La lettura dei principali dati suggerisce che negli Usa qualche cedimento della crescita inizia a emergere e l’inflazione è leggermente più lenta nel rientrare. In eurozona la discesa dei prezzi è più convincente e si intravvede qualche segnale di lieve ripresa o almeno di una fase in cui le attese vengono superate al rialzo.

Il bilancio complessivo sui tassi di interesse vede una sostanziale stabilità negli ultimi 10 giorni dei tassi a breve e un rialzo di quelli a lungo. Il Bond Usa 2 anni è al 4,29%, il Bund 2 al 2,97%; l’Irs 2 si increspa di 3 cent. al 3,34%. Sui 10 anni il treasury Usa è al 4,62% (+4 cent.), il Bund al 2,52% (+6 cent.), l’Irs al 2,81% (+4 cent.).

Ottima performance dei Btp dopo le conferme del rating e dell’outlook da parte di DBRS e di S&P Global. Venerdì sarà la volta di Fitch (“BBB”, stabile) e a fine maggio di Moody’s (“Baa3”, stabile). I rendimenti Btp restano stabili senza farsi trascinare dai Bund; lo spread sui 10 anni scende a 133 bps (-11 cent.).

La parte lunga della curva dei rendimenti è ancora salita: il Bund resta ancora condizionato dai Bond su questo tratto. Se prendiamo a riferimento le previsioni della Fed sull’inflazione Pce (2,4% nel 2024, 2,2% nel 2025 e 2% nel 2026), i livelli attuali dei tassi reali sul Treasury appaiono alti rispetto alle medie storiche. I rendimenti Bond dunque non dovrebbero salire oltre gli attuali livelli a meno di una cpi che invece di convergere verso le stime Fed si portasse strutturalmente oltre il 3%.

L’Euribor 3 mesi scende al 3,86%: è un accenno ma per vederlo scendere in misura più significativa bisogna aspettare inizio giugno con il taglio Bce alla riunione del 6/6. I tassi Future per metà giugno post riunione, indicano il 3,71%, per settembre 3,46% e per fine anno 3,25% (60 cent. in meno rispetto ai livelli odierni). Ciò significa due tagli certi da parte della Bce ed un terzo quasi certo.

La Bce avrebbe spazio per tagliare anche quattro volte (tagli da 0,25%) grazie soprattutto al rientro della cpi (dovrebbe affacciarsi momentaneamente sotto il 2% in estate) e la ancora debole crescita (revisione al ribasso del Pil allo 0,6% da 0,8% da parte della Bce), ma un freno potrebbe arrivare dalla Fed visto che ora sono attesi solo più due tagli nel 2024 (erano 5-6 a inizio anno).

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