I deludenti dati sull’inflazione americana superiore alle attese portano a un significativo rialzo dei tassi Usa con quelli europei che, al contrario di altre recenti volte, non seguono e si increspano appena. I Bond Usa salgono di 25 centesimi sul breve (2 anni al 4,91%) e di 20 cent. sul 10 anni al 4,54%.
Si modificano significativamente le attese sul Libor usd 3 mesi e sulle aspettative di tagli Fed. I Future Libor indicano il 4,90% per dicembre (attualmente il 3 mesi è al 5,58%) con un calo di 30 centesimi rispetto ad una settimana fa. Quaranta centesimi il rialzo sulla scadenza Future dicembre 2025 al 4,25%.
Stando ai Future Libor la Fed taglierà due volte nel 2024 (qualche mese fa i mercati ipotizzavano da 5 a 7 tagli). Il calcolo delle probabilità applicato ai Future sui Fed Fund indica una probabilità dell’80% di Fed Fund fermi al 5,25-5,50% a giugno. Una probabilità del 50% di taglio a luglio e 50% di tassi fermi; per fine anno gli operatori sono equamente divisi tra chi ipotizza un solo taglio e chi due.
Entrando nel merito del dato sui prezzi americani, a marzo i prezzi al consumo statunitensi sono cresciuti più del previsto a causa dell’aumento del costo della benzina e degli alloggi. L’indice dei prezzi al consumo (Cpi) è salito dello 0,4% il mese scorso, dopo un aumento analogo a febbraio. La benzina e i costi degli alloggi, inclusi gli affitti, hanno rappresentato più della metà dell’aumento. Nei 12 mesi fino a marzo, il Cpi è aumentato del 3,5%. Questo ha fatto seguito a un aumento del 3,2% a febbraio. Le attese erano per un aumento dello 0,3% del Cpi nel mese e del 3,4% su base annua. Escludendo le componenti volatili di cibo ed energia, il Cpi ha guadagnato lo 0,4% il mese scorso dopo un aumento simile a febbraio e gennaio. Nei 12 mesi fino a marzo, il Cpi “core” è aumentato del 3,8%, eguagliando l’incremento di febbraio.
Per quanto avessimo già considerato la persistenza dell’inflazione nelle nostre previsioni che portavano a prevedere una cpi al 2,8% sopra la media di consensus, il dato della scorsa settimana induce a rivedere la nostra previsione sulla cpi Usa 2024 al 3%. I rischi di assistere ad un risultato finale superiore sono maggiori di quelli di vederlo inferiore; in particolare i rischi sono legati al prezzo del petrolio e quindi a un’escalation della guerra in Medio Oriente e a un’eventuale vittoria di Trump che con politiche protezionistiche condurrebbe a inevitabili tensioni sui prezzi almeno nella fase iniziale.
Quanto stanno prevedendo oggi i mercati appare poco condivisibile; la nostra previsione resta su tre tagli Fed Fund nel corso dell’anno con un primo taglio a giugno/luglio. Queste sono anche le recentissime indicazioni di marzo della Fed.
La novità emersa è che i tassi europei non si sono lasciati condizionare dalle dinamiche Usa: questo anche grazie a numerosi interventi di membri apicali Bce che ribadiscono la forte probabilità di un taglio a giugno. Il contesto macro resta così diverso tra Usa ed Eurozona che apparirebbe poco giustificabile da parte della Bce lasciarsi condizionare.
La cpi eurozona è in calo e presto (mesi estivi) si affaccerà (anche se non strutturalmente) sotto il 2% e la crescita langue. Con largo anticipo ipotizzammo un primo taglio a giugno anche quando i mercati erano arrivati a prevederlo a marzo: ora il punto è capire quanti tagli vi saranno nel 2024. Il lavoro per la Bce si è semplificato: come detto la cpi cala e la crescita è debole mentre il lavoro per la Fed si è complicato.
La Bce dunque avrà spazio per 4 tagli; il mercato ne prevede tre: il quarto sarà dettato da ragioni di equilibrio (compreso quello di cambio eurousd). In realtà un dollaro forte aiuterebbe gli Usa e l’Ue: dollaro forte significa meno inflazione importata, ma minore export (rallenta il Pil). In Ue si avrebbe un aiuto per la crescita e qualche effetto al rialzo sui prezzi che però non dovrebbe spaventare. Sulle borse si scaricherà nei prossimi giorni il flusso di dati sugli utili del primo trimestre.
Con economie complessivamente in buona crescita e inflazione vivace è difficile pensare che siano deludenti. Questo è un impedimento per il calo dei tassi a lungo. Poi si vedrà ma per ora e per le prossime settimane questo potrebbe essere lo scenario di riferimento. I rischi su questo scenario sono in buona parte riconducibili ad un aumento dell’avversione al rischio che mai è stata così poco percepita (volatilità bassissima su tutti gli asset).