Fed e BoE (Banca d’Inghilterra) hanno lasciato fermi i tassi, rispettivamente a 5,25-5,50 (Fed Fund) e 5,25% (refi Uk). La BoJ (Banca centrale del Giappone) li ha alzati, portando al primo rialzo dei tassi di interesse a 0%-0,10% da -0,10% in 17 anni e all’abbandono della politica di controllo della curva dei rendimenti in vigore dal 2016, mentre la BnS (Banca nazionale svizzera) li ha abbassati.
Dopo le decisioni di queste banche, gli indici dei direttori acquisti (Pmi) e i dati definitivi sull’inflazione europea, i tassi di interesse vedono complessivamente una discesa di circa 10 centesimi: Bund 10 al 2,33%, Bond 10 Usa 4,21%, Irs 10 2,63% (segui tassi e costo del funding su www.aritma.eu).
Al di là dei movimenti sui tassi le indicazioni che si traggono dai numeri sono di una certa rilevanza: l’economia Usa va come un treno, l’economia Ue fatica ma qualche indicazione positiva arriva dalla Germania. L’inflazione Usa è persistente, quella europea potrebbe calare più facilmente. La Fed diventa più guardinga sul numero di tagli nel 2024.
Per quanto riguarda la riunione Fed, parlando dopo il meeting che ha lasciato i tassi invariati e mantenuto la previsione di tre tagli al costo del denaro quest’anno, Powell ha detto che la tempistica di tali riduzioni dipenderà dall’effettiva convergenza dell’inflazione sull’obiettivo in un’economia che continua a superare le aspettative. La lettura forte del Cpi Usa di febbraio, ha spiegato il banchiere centrale, non ha intaccato per ora l’outlook di fondo di un lento rallentamento dei prezzi, ma la Fed necessita di ulteriori dati a conferma che quanto avvenuto il mese scorso non si ripeta nei mesi a venire.
Pur avendo confermato 75 pb di allentamento per quest’anno, nell’aggiornamento delle loro proiezioni macro ha incrementato nettamente la stima di crescita economica per il 2024 rispetto a quella diffusa a dicembre (2,1% da 1,4%) e previsto un miglioramento meno rapido sul fronte prezzi. L’indice Pce core sulla spesa per consumi personali è visto al 2,6% a fine anno dal 2,4% ipotizzato in precedenza (per le previsioni aggiornate di Fed e Bce si rimanda alle tabelle in calce all’articolo).
Per quanto concerne gli indici Pmi, l’attività delle imprese della zona euro ha sfiorato il ritorno alla crescita a marzo (si ha crescita se l’indice è superiore a 50), superando le attese; le pressioni inflazionistiche hanno invertito la tendenza recente e si sono attenuate questo mese. Tuttavia, la ripresa è stata disomogenea, con un forte rimbalzo dell’attività dei servizi che ha compensato una flessione più grave nel settore manifatturiero.
Negli Usa l’attività delle imprese è rimasta stabile sopra 50 a marzo, ma i prezzi sono aumentati in tutti i settori, suggerendo che l’inflazione potrebbe restare alta dopo che a inizio anno ha ricominciato a salire. Il settore manifatturiero ha raggiunto i massimi da 21 mesi. L’indagine indica che l’economia ha chiuso il primo trimestre su basi solide, nonostante il ritmo di crescita sia probabilmente rallentato rispetto al tasso annualizzato del 3,2% del trimestre ottobre-dicembre.
In Germania l’indice Ifo sulle aspettative di economisti e imprenditori tedeschi è salito in marzo più del previsto: è migliorato più del previsto anche l’indice sulla situazione corrente. Migliore del consensus anche l’indice di fiducia Zew (indagine su panel di istituzioni finanziarie). Si intravede dunque qualche luce all’orizzonte. Positivo in chiave inflazione il dato sui prezzi alla produzione in Germania a febbraio scesi decisamente più delle attese.
Il tasso di inflazione annuale dell’area euro è stato del 2,6% nel febbraio 2024, in calo rispetto al 2,8% di gennaio. Il contributo più elevato al tasso annuo di inflazione dell’area euro è venuto dai servizi: deflattiva la voce energia. L’inflazione core, depurata dalle componenti più volatili quali cibi freschi, energia, alcool e tabacco, evidenzia una crescita del 3,1% su base annua, contro il 3,3% delle attese e rispetto al 3,3% del mese precedente. La prossima stima flash dell’inflazione con dati di marzo è prevista per il 3 aprile.
Sul fronte Bce, Lagarde ha detto che non può impegnarsi a tagliare i tassi di interesse secondo un percorso prestabilito, anche dopo aver iniziato a ridurre i costi di finanziamento.
L’elemento più rilevante è la netta revisione al rialzo del Pil Usa da parte della Fed. Il quadro non lascerebbe molti dubbi: la Fed sarà più cauta a tagliare (l’economia tira anche con i tassi al 5,25%), la Bce ha più spazio ma bisognerà vedere se vorrà affrancarsi dalla Fed.
PREVISIONI BCE | ||||
2023 | 2024 | 2025 | 2026 | |
PIL | 0,6 | 0,6 (0,8) | 1,5 (1,5) | 1,6 (1,5) |
INFLAZIONE | 5,4 | 2,3 (2,7) | 2 (2,1) | 1,9 (1,9) |
INFLAZIONE CORE | 5 | 2,6 (2,7) | 2,1 (2,3) | 2 (2,1) |
( ) previsioni precedenti di dicembre |
PREVISIONI FED | |||||
2023 | 2024 | 2025 | 2026 | Longer time | |
PIL | 2,6 | 2,1 (1,4) | 2 (1,8) | 2 (1,9) | 1,8 (1,8) |
INFLAZIONE PCE | 2,8 | 2,4 (2,4) | 2,2 (2,1) | 2 (2) | 2,0 (2,0) |
PCE “CORE” | 3,2 | 2,6 (2,4) | 2,2 (2,2) | 2 (2) | - |
DISOCCUPAZIONE | 3,8 | 4 (4,1) | 4,1 (4,1) | 4 (4,1) | 4,1 (4,1) |
FED FUND | 5,4 | 4,6 (4,6) | 3,9 (3,6) | 3,1 (2,9) | 2,6 (2,5) |
FFD CENTRAL TENDENCY | 5,4 | 4,6-5,1 (4,4 -4,9) |
3,4-4,1 (3,1-3,9) |
2,6-3,4 (2,5-3,1) |
2,5 -3,1 (2,5-3,0) |
( ) previsioni precedenti di dicembre |