L'entità della vittoria di Donald Trump su Kamala Harris ha sorpreso gli investitori, vista la distanza minima che i sondaggi davano tra i due alla vigilia del voto. La conquista del Senato da parte dei repubblicani e lo stretto margine di vantaggio che il partito ha nel mantenere il controllo della Camera - dove lo spoglio è ancora in corso per gli ultimi seggi - rendono probabile che gran parte dell'agenda trumpiana passerà facilmente.
Le sue promesse in campagna elettorale - calo delle tasse e aumento delle tariffe - hanno spinto verso l'alto il dollaro e i rendimenti del reddito fisso Usa, in previsione di un'esplosione del bilancio e di un possibile aumento dell'inflazione, come tra gli altri segnala Moody's. Su livelli record il bitcoin, che ha sfondato la soglia psicologica degli 80.000 dollari ieri, con il neo-rieletto presidente notoriamente favorevole alle criptovalute.
Sebbene, come chiarito dallo stesso Powell giovedì scorso al termine del Fomc, l'arrivo di Trump alla Casa bianca non avrà implicazioni sulla politica monetaria a breve termine, diversi analisti ritengono che dopo un probabile nuovo taglio dei tassi di 25 pb a dicembre - che i mercati scontano al 66% dall'80% di una settimana fa - il ritmo dell'allentamento rallenterà nel 2025, passando da riduzioni mensili a trimestrali.
Il rapporto tra Powell e Trump resterà al centro dell'attenzione degli investitori, poiché i due si sono già scontrati durante il primo quadriennio presidenziale del repubblicano. Powell - il cui mandato scade nel maggio 2026 - ha dichiarato che non si dimetterà se gli verrà chiesto, ricordando che non può essere rimosso legalmente.
Le già debole congiuntura economica europea non sarà aiutata dalla prospettiva di dazi statunitensi e questo, dicono gli operatori, potrebbe indurre la Bce a scelte più accomodanti di quanto atteso, inclusa l'eventualità di un maxi-taglio da 50 pb se non a dicembre a febbraio quando viene scontata al 30%.
In quest'ottica va letto il calo dei rendimenti euro che, subito dopo il voto americano la settimana scorsa, si sono mossi verso il basso, in senso inverso a quelli dei Treasury. La volatilità continuerà considerati i molti elementi in gioco, non ultimo la crisi di governo in Germania.
Scholz ha fatto sapere ieri di essere disposto a convocare un voto di fiducia in parlamento prima di Natale, una mossa che aprirebbe la strada a elezioni lampo dopo il crollo della sua coalizione. Mentre l'economia tedesca arranca, con l'eventualità "insidiosa" di una riforma o di una sospensione del freno costituzionale al debito, che avrebbe ovviamente risvolti sul Bund.
Con la vittoria di Trump che riporta l'attenzione sul percorso dell'inflazione negli Stati uniti, i mercati in settimana guarderanno ai numeri sul Cpi di ottobre, in arrivo mercoledì, seguiti il giorno dopo da quelli sul Ppi. Numeri più robusti delle attese potrebbero alterare le aspettative sull'allentamento Fed da qui al prossimo anno. Sarà interessante anche in questo senso ascoltare il prossimo intervento di Powell in programma giovedì.
Nell'area dell'euro, in agenda i dati finali sull'inflazione di alcune economie, tra cui la Germania, oltre che giovedì la seconda lettura del Pil del blocco nel terzo trimestre.
Nonostante gli sforzi di Pechino per stimolare l'economia, i prezzi al consumo in Cina sono aumentati al ritmo più lento degli ultimi quattro mesi in ottobre - 0,3% su anno da 0,4% - mentre la deflazione dei prezzi alla produzione si è aggravata.
Occhi sul voto parlamentare che in giornata potrebbe mettere alla prova il governo del premier Ishiba. Probabile che sopravviva ma con un esecutivo di minoranza. L'incertezza politica complica la vita alla Banca del Giappone, che sta valutando se aumentare i tassi il mese prossimo. I pareri espressi durante l'ultima riunione hanno mostrato che alcuni membri erano già preoccupati per la volatilità del mercato prima della vittoria di Trump.